LA SOCIETÀ CHE SI AUTOREPLICA


Parlavamo di un sistema per ogni cosa, adesso però abbiamo di fronte un aspetto importante dei sistemi, tutti, un aspetto legato alla sua voglia e necessità di riprodursi, alla sua condizione di essere che vuole continuare a resistere agli ambienti. Gli ambienti favorevoli sono quelli che contengono tutte quelle condizioni migliori per il mantenimento dello status iniziale, quelli sfavorevoli, al contrario, respingono, cercano di forzare un adattamento che misurerà, implacabilmente, le forze in campo. Il sistema si adatta, se è flessibile, o il sistema adatta l'ambiente a sé, se è forte abbastanza per farlo e per mantenerlo poi il più possibile.
In informatica, ma siamo in analogia anche con la biologia, si parla spesso dei virus: che cosa sono, come si muovono, come si comportano e, soprattutto, come si replicano. Il principio alla base vuole che un virus cerchi di evolversi inserendosi in altri ambienti e modificandoli per quanto servirà alle sue finalità, ai suoi scopi. Possono essere manifesti, evidenti, possono essere nascosti e silenziosi. Per entrambi gli scopi luoi farà o, meglio, cercherà di fare, tutte le modifiche all'ambiente che saranno necessarie, l'ambiente cercherà di resistere, per mantenersi, oppure si adeguerà e diventerà un nuovo ambiente, modificato e, fino a ridefinirsi, sarà un ambiente, informatico nel caso, instabile.
![]() L'equilibrio, in un sistema sociale, mai isolato quindi, è un punto di arrivo, una destinazione ricercata, ambita da chi gestisce le leve decisionali ma sempre instabile, sempre attaccato o messo in discussione. L'equilibrio, più che dinamico direi infetto, per richiamare un concetto informatico, è un punto di non ritorno, dove il rientro ai parametri originari sarà inevitabilmente compromesso. Questi aspetti, sono legati a più fattori, il primo, è quello del cambiamento delle idee, delle conoscenze e delle visioni, che da contrastanti punteranno ad essere riviste, condivise solo all'inizio come immutabili ma sempre più discusse, almeno ![]() | Ma quanto e come può insistere, socialmente, il controllo? Innanzitutto non è possibile collegare il controllo esclusivamente a fattori meccanici, fisici, seppure il loro funzionamento ha da sempre condizionato i sistemi sociali maggiormente rigidi, il nuovo controllo, se le tecnologie e la formazione più estesa produce effetti divergenti dall'asse del conforto al sistema, non può che produrre forme di controllo antagoniste, equivalenti, in forza, a quelle che possono produrre, cercandoli, cambiamenti di sistema. Tutto questo comporta un confronto importante tra due elementi distinti della condizione sociale: una richiesta di cambiamento ed una, con più consapevolezza e forza delle modalità di controllo, di resistenza e di gestione del mantenimento dello status iniziale, assorbendo il cambiamento e, di volta in volta, facendolo proprio, modificandolo e correggendolo, ove necessario, a vantaggio delle condizioni iniziali e delle elites decisionali. Ma tutto questo dove ci porterà? Per mantenere, in una condizione statica, i processi del cambiamento è necessario valutare ed investire sulle modalità sociali di mantenimento delle condizioni di controllo, sia quello fisico, polizia, sia quello culturale, televisione e media. Qualcosa però in tutto questo sfugge, la società evolve ma, per controllarla, non sempre è necessario considerare gli elementi minoritari, seppure più evoluti. Questi ultimi infatti, non hanno le leve per muovere la massa, l'insieme gaussiano, che resta centrale e produce la linfa vitale al controllo: il consenso. |